di Sante Roperto
La settimana più veloce dell’anno inizia a metà pomeriggio della penultima domenica di agosto. Gli scuolabus sfidano il caldo per portare, in una manciata di chilometri e di minuti, i fedeli in cima alla montagna opposta al paese. Sulla vetta troneggia la chiesetta della Querciola e una croce in cemento domina la vallata come le braccia aperte del Cristo di Rio. Alle nove in punto centinaia di fiaccole accese scendono dalla collina, nel buio del bosco illuminato come per magia solo da torce e preghiere. Ogni tanto una folata di vento dalla montagna agita l’animo di chi consegna la sua serata a un moto collettivo di amore e devozione, con la speranza che questa imperturbabile tradizione, resistendo al tempo, faccia credere che l’estate sia sempre un po’ la stessa, immutabile come quelle vissute in passato. Un paio d’ore dopo si attraversa il paese lentamente, pregando e cantando come un fiume di fuoco che scorre sulla schiena di un grosso drago. Per molti la sensazione di quelle ore è un sentimento di gioia per la settimana che sta per iniziare in cui le case si riempiranno di vita e di grida festanti attorno a tavole imbandite e le strade di emigranti al rientro che passeggiano con gli occhi lucidi e la voglia di riabbracciarsi. È una settimana intensa, veloce e calda, per quanto l’estate volga ormai al termine ma regna la sensazione di sentirsi uniti, come in una grande famiglia.
C’è qualcosa che l’estate cambia. Nel suo semplice scorrere e trascinarsi via le cose effimere, nel suo lasciare un segno, come qualcosa che ti colpisce all’improvviso e poi vola via. E in un battito di ciglia, arriva la domenica successiva. Ed è subito tempo di veglie di suonatori d’organetto, processioni e cantilene di cori per la Madonna, mentre i bimbi corrono tra le bancarelle e i prezzi in saldo gridati al cielo dagli ambulanti.
Tra chi c’è, chi ci sarà e chi non c’è più, qualcosa sta per finire. Come un fiume in piena che ti travolge e poi lascia solo tanta nostalgia. Il finir dell’estate rimanda a quelle lontane nel tempo, quando l’odore di zucchero filato e caramelle stese su bancarelle colorate come il telone di un circo ti pervadeva per ore. Come l’odore pungente di sarde salate e il rumore metallico dei pungibowl nell’aria frizzante della festa e delle case che tornavano a riaprirsi. Ma sono anche giornate di addii e di partenze, di nuovi propositi, col rinnovato desiderio di raggiungere, nei mesi a seguire, tutti gli amici che stai per salutare. Tra chi tornerà in America o in Australia, chi si saluta e si promette di incontrarsi d’inverno, anche se a poli opposti d’Italia o del mondo.

La gente conosce i posti dove si sente al sicuro. E questo è uno di quelli, dove le notti accolgono i desideri delle comitive di amici, i pellegrini a piedi che vengono dai paesi vicini, o gli incontri coi parenti emigrati in Canada o in Australia. Pensieri sparsi di una vita che torna a incrociarsi in qualcosa che unisce e rende tutti uguali, anche quando la festa non si svolge e riviviamo tutto solo nei ricordi. Alla fine, in men che non si dica, le finestre tornano a chiudersi e niente più panni colorati su balconi spalancati, ma silenzi di nuovo profondi. La vita delle strade piene negli ultimi giorni d’agosto si ritrova nel buio del paese a mezzanotte, mentre la luna piena illumina lo spigolo di una collina e ci ricorda la sua voglia di tenere ancora in vita tradizioni, emozioni e affetti di un paese eterno e di una stagione felice.